La progettazione partecipata: il giardino di via San Michele a Trieste
Un esempio concreto: come un gruppo di cittadini recuperò il Giardino di via San Michele dalla rovina.
Quante volte ci è capitato di passeggiare per San Giusto, assaporandone la storia millenaria che traspira dagli edifici e dalle mura giunti fino a noi da epoche lontane? Di perderci nella meravigliosa vista della città che si estende sotto di noi fino ad arrivare al mare o di camminare in una delle tante stradine che portano verso le Rive, tempestate di sanpietrini e circondate da case e ricordi del passato? E infine arrivare al vicino Giardino di via San Michele, un’oasi verde in uno dei luoghi più belli e significativi… lì presente, anch’esso, da tempo immemore, a preservare la memoria della Trieste che fu.
Era già un giardino, infatti, quando la nostra città si chiamava Tergeste e l’impero Romano era ancora lontano dalla Caduta; divenne un esempio di innovazione quando nel 1771 il Comune di Trieste, sotto l’impero Ausburgico, a pochi anni dalla nascita del Porto Franco, lo acquistò per farne uno dei primi giardini pubblici d’Europa. Generazioni di genitori e nonni ci portavano i bambini per giocare e godere un po’ della pace offerta dalla Natura.
Nel 1790 il conte Prandi lo comprò per costruirci una villa che rimase di famiglia fino alla Seconda Guerra Mondiale quando venne utilizzata dalla “squadra Olivares” come luogo di torture e fu quindi soggetta a bombardamenti. Il Comune di Trieste, tramite la SELAD (SEzione Lavoro Aiuto Disoccupati), costruì il giardino negli anni ’50 a terrazzamenti come lo conosciamo ora. Negli anni ’80 però il Giardino subì la decadenza fino a diventare un luogo degradato e inservibile ai cittadini che, se in passato ne traevano beneficio, durante quel periodo evitavano di entrarci. Due orribili tragedie avvenute all’interno del parco ne alimentarono la cattiva fama, che continuò negli anni ’90, quando il Giardino ormai era completamente in rovina, conseguenza inevitabile per tutto ciò di cui non ci si prende cura.
Serviva la volontà di salvare quel luogo e di custodirlo per far sì che altre generazioni di bambini potessero correre e giocare nel Parco.
Nel ’94 il Comune di Trieste intraprende un progetto di riqualificazione edilizia, ma la criticità rimaneva nell’assenza di riqualificazione sociale. Nel ’99 un gruppo di circa 25 famiglie residenti nella zona andarono in Comune per chiedere uno spazio dove fosse possibile portare i propri bambini ma non solo, con in mente già una proposta; formarono l’Associazione Culturale AnDanDes, con l’obiettivo di interloquire in maniera organica con i rappresentati del Governo Locale. In quegli anni si era in pieno progetto “Urban”, un piano di riqualificazione della città parzialmente finanziato dalla Unione Europea; l’Area Educazione e l’ Area Territorio Patrimonio del Comune dell’epoca proposero al gruppo il Giardino di via San Michele. Un bisogno dei cittadini, espresso con la volontà di partecipare attivamente alla sua realizzazione, incontrò una risposta pronta da parte delle Istituzioni.
Da questo incontro nacque una realtà unica a Trieste: “ un giardino polifunzionale non comune in comune”. Una progettazione partecipata in cui i cittadini si sono riappropriati di uno spazio in disuso per riqualificarlo secondo un interesse collettivo, adeguandolo alle necessità di tutti.
L’Associazione, infatti, non si occupa solo della manutenzione del verde e della pulizia, che pure sono fondamentali; ma ha come scopo promuovere il benessere collettivo. L’obiettivo principale è quindi favorire la socialità, mettere al centro la qualità delle relazioni umane attraverso la frequentazione di uno spazio, amato e curato da tutti, in cui sia possibile creare un dialogo, una rete di fiducia reciproca. È un luogo familiare, di aggregazione, dove l’empatia per il prossimo viene continuamente ricercata e applicata e dove le attività culturali vengono supportate con entusiasmo. Uno degli slogan principali è “ riprendiamoci la qualità della vita!”
Il Giardino, per citare la Presidente di AnDaDes e una delle fondatrici, Laura Flores, è inclusivo, collaborativo, non classista e non razzista. Tutti partecipano alle decisioni e contribuiscono con quello che possono, chi con proprio mestiere, chi con la propria creatività.
Le famiglie si aiutano a vicenda, dandosi supporto, condividendo i problemi e scambiandosi oggetti e vestiti. Viene favorita la conoscenza reciproca tra i cittadini e le associazioni presenti sul territorio. Vengono realizzati progetti in collaborazione col Comune come ad esempio “Power Present” percorso di riqualificazione urbana rivolto a giovani che per motivi personali non studiano e lavorano da un anno al fine di motivare la loro presenza in città. Vengono svolti seminari, presentazioni di libri, workshop, laboratori. La creatività è incoraggiata, l’arte libera di essere espressa: teatro, disegno, public art, musica…
L’AnDades non è rimasta inattiva nemmeno durante l’emergenza Covid, anzi si è data da fare per aiutare in un momento di difficoltà generale: è stata creata un’aula studio per gli universitari e diverse classi delle elementari e medie vengono di mattina a far lezione all’aperto (che è anche più piacevole).
Subito dopo la chiusura imposta dal lockdown, si sono svolte presentazioni di vari libri per l’infanzia e per gli adulti, un corso di formazione per giovani dai 19 ai 28 anni, e addirittura un concerto!
Le tematiche affrontate nelle varie attività cambiano a seconda degli interessi espressi dai partecipanti e da come si evolvono all’interno della società. Le attività non si fermano mai!
Il Giardino di via San Michele è un perfetto esempio di partecipazione: un gruppo di cittadini si è unito e ha contribuito attivamente alla realizzazione del progetto, non limitandosi a lamentarsi, stimolando le Istituzioni a mantenere la qualità dei servizi. Hanno capito che la Città appartiene a tutti, ma anche che tutti hanno il dovere di prendersene cura. Hanno capito l’importanza dei rapporti personali, lo spirito di unione in questa società sempre più individualista, la rilevanza della qualità della vita in questo mondo sempre più frenetico e come possa esistere un posto che sia inclusivo nei confronti di tutti, in questo mondo sempre più diviso in cui viviamo.
Sono tutte tematiche importanti, sottolineate anche dalle Istituzioni Internazionali come l’ONU, che ne ha fatto uno degli obiettivi dell’AGENDA 2030: è sempre più forte la necessità di creare città sostenibili, in cui viene data la priorità alla qualità della vita, alla sicurezza, all’accessibilità, all’inclusione e alla socializzazione, in cui il cittadino possa far parte di una Comunità che persegua obiettivi comuni e riappropriarsi dello spazio che necessita per vivere bene; in poche parole, un’urbanizzazione partecipata, sostenibile, inclusiva e dedicata al servizio di tutti. Che promuova il benessere e la salute, non mirata esclusivamente agli interessi economici.
Ciò che è stato realizzato nel Giardino di via San Michele sarebbe bello replicarlo in altri luoghi di Trieste (per esempio in un articolo precedente avevamo parlato del giardino di via Pendice Scoglietto); ricreare degli spazi verdi sostenibili. L’Associazione AnDanDes è disponibile a portare la sua esperienza di questi 20 anni in altri progetti simili in cui serve la volontà della Comunità locale; un impegno concreto a prendersi cura di ciò che ci circonda ma anche di noi stessi, e di ristabilire il contatto con la Natura che si è un po’ perso. Ma serve anche un dialogo con il Comune, senza il quale tutto questo non sarebbe possibile, stabilendo un rapporto di reciproca fiducia col cittadino.
Il cambiamento può partire solo dalla Comunità. Con l’augurio che la storia raccontata in questo articolo abbia un seguito altrettanto bello in un prossimo futuro, qui a Trieste, una città bellissima che merita di essere curata e amata da tutti coloro che la abitano.
A cura di Davide Candotto, servizio civile ACCRI 2020.
Vai alle pagine del sito relative all’Educazione alla Cittadinanza Globale.
2 Responses
Fantastico racconto molto dettagliato e soprattutto storico!sono pienamente d’accordo con tutti o bei progetti da portare avanti e quanto alle istituzioni be dovrebbero prendere questo esempio x riprodurlo come col Covid
Ciao Lidia, grazie mille per il tuo apprezzamento, ci incoraggia ad andare avanti!
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