LE ELEZIONI IN KENYA
Il 5 settembre si è concluso il lungo processo delle elezioni kenyani confermando William Ruto come presidente. Il tutto è iniziato il 9 agosto quando circa venti milioni di persone sono state chiamate alle urne per esprimere le loro preferenze, non solo per il presidente, ma anche per rappresentanti locali, regionali e statali. I due favoriti per la corsa alla presidenza erano appunto William Ruto e il suo rivale Raila Odinga.
Il momento elettorale in Kenya è sempre stato accompagnato negli anni precedenti da un crescendo di tensioni, di accuse vicendevoli tra i candidati e da episodi di violenza in tutta la nazione. A chi fosse interessato basterebbe guardare le elezioni politiche del 2007, durante le quali più di mille persone persero la vita a seguito dei disordini. Il timore era che anche questo anno, data anche la vicinanza nei sondaggi elettorali dei due candidati, si potesse sfociare in episodi di questo tipo. Il 15 agosto la IEBC (Indipendent Electoral and Boundaries Commission), organo incaricato di vigilare su un corretto svolgimento delle elezioni, ha annunciato il risultato: Raila Odinga 48.85% delle preferenze, William Ruto 50.49%. Tuttavia, alcuni membri della IEBC hanno preso le distanze dall’annuncio fatto dalla commissione, sostenendo che ci fossero state irregolarità nel processo di verifica dei voti.
Raila Odinga ha colto quindi l’occasione per fare ricorso alla corte suprema, che sarebbe stata chiamata ad esprimersi sulla validità o meno del processo elettorale. Per quasi tre settimane il paese ha trattenuto il fiato, incerto del suo destino, con due prospettive possibili: la conferma di William Ruto come presidente regolarmente eletto o l’annullamento del risultato e l’indizione di nuove elezioni. Il 5 settembre la corte si è espressa, confermando sia il regolare svolgimento delle elezioni sia il presidente eletto. La lunga “apnea” del Kenya è finita così. Fortunatamente, in questa tornata, non si sono registrati particolari disordini o violenze. È stato invece un ulteriore passo che si va ad aggiungere all’esperienza democratica del paese. Anche l’oppositore Raila Odinga è stato corretto nel fare ricorso attraverso le istituzioni apposite del paese, senza fomentare i suoi sostenitori contro quelli dell’altro schieramento.
Ma rimangono ancora tante contraddizioni nella vita democratica del Kenya. Il voto continua a basarsi fortemente sulla base etnica/tribale. I giovani hanno sempre più difficoltà a identificare un leader che li rappresenti e l’astensionismo in queste elezioni ha raggiunto il 34% degli aventi diritto. L’assenza di violenze e disordini potrebbe essere sì il segno di un corretto processo democratico ma anche simbolo della crescente disillusione nei confronti della politica e dei suoi esponenti, che spesso rappresentano due facce della stessa medaglia. E quando abbiamo provato a chiedere anche al nostro collega perché secondo lui non ci fossero state violenze, disordini o manifestazioni sapete cosa ci ha risposto? “Anche protestare costa”. Per il kenyano medio spendere un giorno a protestare piuttosto che a lavorare è un compromesso complicato.