L’immortalità delle cose
Chi pensa che le cose, gli oggetti, abbiano soltanto qualità specifiche rispondo che non ha capito nulla. L’umanità possiede diverse arti, e il riciclo è una di queste. In un mondo come il Kenya, in cui il consumismo non ha ancora attecchito, e la gente continua la sua vita possedendo pochi averi materiali, l’arte di ridare vita alle cose, di ingegnarsi con quel poco che si ha, prende forme davvero incredibili e stupefacenti a volte!
Si scoprono oggetti con una seconda vita!
Incontrando i gruppi dei progetti di lavoro, visitando le loro case, ma anche semplicemente passeggiando per il villaggio di Kiritiri (Kenya) si scopre questa realtà di oggetti e cose che in altri mondi (tipo il nostro) sarebbero finiti in discarica, nel pattume, perché non se ne trova più l’utilità. Qui è possibile dare loro una seconda vita, una seconda possibilità.
Che farsene di una vecchia bicicletta scassata e irrecuperabile? Magari sarà impossibile aggiustarla o conferirle l’originale funzione, ma non vuol dire che sia inutile.
Prendi un pezzo del telaio, una ruota e la sua catena, et voilà, ecco creata una sorta di ventola che può alimentare una fiamma, simile a quella ossidrica, in grado di lavorare i metalli. E cosa farne di un vecchio container piazzato in mezzo al villaggio?
Facile, se ne apre un lato, lo si pulisce per bene e, dopo vari aggiustamenti, prende vita il negozietto d’un barbiere! Ti manca una guarnizione del rubinetto? Che ci vuole, si prende la suola di gomma di una vecchia scarpa e se ne ricava una bella guarnizione idraulica. E ancora: non ho una scala con cui lavorare. Come ovviare il problema? Si intrecciano dei rami, si saldano fra di loro, ed è ecco una scala pronta all’uso.
L’arte di arrangiarsi riciclando
Si tratta di un’abilità sicuramente dettata da uno stile di vita diverso; la nostra società ci bombarda costantemente di pubblicità su prodotti di ogni genere, specifici per qualunque azione, a prezzi talmente vantaggiosi che a volte non è conveniente cercare di riparare un utensile guasto, ma è meglio comprarne uno nuovo. Certamente questa possibilità rende la vita più facile, ma comporta, a mio parere, una grande perdita, quella, appunto, dell’arte di arrangiarsi, di provare a riciclare, di impegnarsi affinché un oggetto dismesso non diventi subito spazzatura, ma possa trovare una nuova funzionalità.
La lampada a petrolio
Questo articolo trae spunto da un incontro effettuato a casa di una beneficiaria del progetto “Water self-suffieciency”, sostenuto dall’ACCRI. Ad un certo punto della nostra visita, alla signora viene chiesto se avesse la corrente in casa. Lei entra in una stanza e ne esce con una lampada a petrolio, sua unica fonte di luce la sera. Credo che in Italia non siano più in commercio certi oggetti, forse giusto come souvenir, o come oggetti vintage. Invece, in un’altra parte del globo, questi oggetti “morti” possono ancora avere un senso e “donare luce” alla gente.
Gabriele
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